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Louisville residents urged to shelter in place after apparent explosion at business

At least 11 employees were taken to hospitals and residents were urged to shelter in place after an apparent explosion at a Louisville, Kentucky, business on Tuesday.




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Puigdemont, presidente Catalogna: faremo rispettare l'esito del referendum sull'indipendenza

La Catalogna marcia verso il referendum del 1 ottobre per l'indipendenza dalla Spagna. I gruppi separatisti hanno consegnato al Parlamento regionale la legge per la convocazione del voto, che Madrid definisce illegale e promette di fermare a tutti i costi. "Piuttosto che rinunciare al referendum mi faccio arrestare", risponde il presidente catalano Carles Puigdemont.

Mario Magarò lo ha intervistato a Barcellona –




RAI News
 
Mario Magaró
 
02-08-2017.-





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Catalogna, niente estradizione per Puigdemont: il giudice ritira il mandato di cattura internazionale

L'ex presidente avrà libertà di movimento in tutto il mondo, ma non potrà rientrare a Barcellona: in polemica con la magistratura tedesca, che aveva respinto l'accusa di ribellione, il Tribunale supremo spagnolo rinuncia a farsi consegnare il leader indipendentista per non doverlo giudicare solo per il reato di malversazione 


REPUBBLICA
19-07-2018
 
di ALESSANDRO OPPES
 
Estradizione? No, grazie. Pur di non dover sottostare al diktat della giustizia tedesca - che nei giorni scorsi aveva ritenuto legittima solo l’accusa di malversazione respingendo quella, ben più grave, di ribellione (reato punibile in Spagna con 30 anni di carcere) – il giudice del Tribunale Supremo di Madrid, Pablo Llarena, ha deciso di ritirare il mandato di cattura internazionale nei confronti dell’ex presidente catalano Carles Puigdemont e di altri cinque dirigenti separatisti riparati all’estero. Resta in vigore, invece, l’ordine di detenzione all’interno del territorio spagnolo.
 
Questo significa che Puigdemont, attualmente in libertà in Germania, avrà d’ora in poi completa libertà di movimento in tutto il mondo ma non potrà rientrare a Barcellona. E come lui gli ex assessori Toni Comín, Meritxell Serret, Lluis Puig e Clara Ponsatí e l’ex segretaria generale di Esquerra Republicana, Marta Rovira. Il giudice Llarena sceglie dunque l’unica soluzione che, al momento, gli consente di non dover rimettere in discussione tutto l’impianto accusatorio formulato in questi mesi (a partire dall’ottobre scorso, quando il Parlament de Catalunya approvò la dichiarazione d’indipendenza) contro tutto lo stato maggiore del movimento secessionista. Se Puigdemont fosse stato consegnato a Madrid dalle autorità tedesche, la magistratura spagnola avrebbe potuto prendere in considerazione solo l’ipotesi accusatoria riconosciuta come ammissibile dal tribunale dello Schleswig-Holstein, cioè quella di malversazione di fondi pubblici (l’eventualità che l’ex presidente abbia utilizzato denaro delle casse della Generalitat, l’amministrazione regionale, per organizzare il referendum secessionista dello scorso 1 ottobre, dichiarato illegale dal Tribunale costituzionale spagnolo). In questo caso, trattandosi di un reato minore, non solo sarebbe stato improponibile ipotizzare una carcerazione preventiva per Puigdemont.
 
 
Ma con ogni probabilità Llarena avrebbe dovuto rimettere in libertà anche tutti gli altri dirigenti indipendentisti che sono in cella (prima nella regione madrilena, ora trasferiti da poco in carceri catalane) arrestati tra l’ottobre e il gennaio scorsi. Dall’ex vice-presidente Oriol Junqueras ai due “Jordis” (gli ex presidenti dei movimenti della società civile catalana Anc e Omnium Cultural, Jordi Sànchez e Jordi Cuixart), agli ex responsabili degli Esteri e degli Interni del Govern, Raül Romeva e Joaquim Forn, oltre al candidato alla presidenza della regione Jordi Turull, arrestato 24 ore dopo aver perso il voto di investitura parlamentare.
 
Niente libertà, invece, per tutti loro: proprio oggi la procura ha respinto l’ipotesi di scarcerazione, mantenendo lo stesso criterio seguito ai tempi del governo conservatore di Mariano Rajoy, nonostante l’arrivo in queste settimane di una nuova procuratrice generale dello Stato, Maria José Segarra, nominata su proposta dell’esecutivo socialista di Pedro Sánchez.
 




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IL CASO PUIGDEMONT: LA "PROVA DEL FUOCO" DEL MANDATO D'ARRESTO EUROPEO

 
DIRITTO PENALE CONTEMPORANEO
 
4 luglio 2018 |
Luigi Foffani
 
 
 
Per leggere la decisione dell'OLG del 5 aprile 2018, clicca qui.
Per leggere la decisione definitiva dell'OLG del 12 luglio 2018, clicca qui.
 
1. La mattina del 25 marzo 2018 Carles Puigdemont, ex-Presidente della Generalitat de Catalunya, viene fermato alla guida di un automobile su un’autostrada dello Schleswig-Holstein, pochi chilometri dopo l’ingresso nel territorio della Repubblica Federale Tedesca. Puigdemont – che risiedeva a Bruxelles dal 28 ottobre 2017, per sfuggire al mandato di cattura del Tribunal Supremo spagnolo – si era recato in Danimarca per una conferenza e stava rientrando in Belgio attraverso la Germania. Contro di lui viene emessa una richiesta di mandato d’arresto europeo (MAE) per i delitti di “ribellione” (“rebelión”: art. 472 CP esp) e peculato (“malversación de caudales públicos”: art. 432 e 252 CP esp).

L’Oberlandsgericht dello Schsleswig-Holstein, con la decisione del 5 aprile 2018 respinge senza esitazione la richiesta di mandato d’arresto europeo per quanto riguarda il delitto di “rebelión”: tale delitto infatti non ricade in alcun modo nel “campo d’applicazione del mandato d’arresto europeo” descritto dall’art. 2 della Decisione quadro del 13 giugno 2002 “relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri” (2002/584/GAI) ed anche la richiesta di estradizione appare a prima vista inammissibile per la mancanza di una “beiderseitige Strafbarkeit” (“doppia incriminazione”).

Diversamente invece non sarebbe inammissibile – secondo l’OLG Schleswig-Holstein – la richiesta di mandato d’arresto europeo in relazione al secondo delitto (peculato, “malversación de caudales públicos”, “Veruntreuung öffentlicher Gelder”), che sarebbe riconducibile alla fattispecie di corruzione richiamata dalla Decisione quadro; ma la richiesta del Tribunal Supremo spagnolo – secondo l’OLG – “non contiene una sufficiente descrizione delle circostanze, sulla base delle quali il reato sarebbe stato commesso, con una necessaria concretizzazione del rimprovero penale, che renda possibile la sua riconducibilità al comportamento addebitato all’imputato. […] Non è chiaro peraltro se lo Stato sia stato realmente gravato di questi costi, nella misura in cui questi siano stati effettivamente pagati con fondi del bilancio regionale e se l’imputato abbia occasionato queste spese”.

La decisione dell’OLG Schleswig-Holstein risulta pienamente corretta e convincente, sulla base della disciplina europea e nazionale del mandato d’arresto europeo e dell’estradizione.
 
2. Quanto al primo e più importante punto (il supposto delitto di “rebelión”) è del tutto evidente l’inesistenza in concreto del requisito della “doppia incriminazione” (“beiderseitige Strafbarkeit”, “double criminality”), necessario per dar corso alla richiesta di estradizione ai sensi del § 3 comma 1 della legge sulla cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale (Gesetz über die Internationale Rechtshilfe in Strafsachen, IRG).

Il comportamento tenuto da Puigdemont e dagli altri leader indipendentisti durante tutto il percorso politico-istituzionale che ha portato al referendum dell’1 ottobre 2017 e alla successiva dichiarazione unilaterale di indipendenza del 27 ottobre sarebbe infatti – sulla base di una ipotetica applicazione al caso in esame del diritto tedesco – penalmente irrilevante. Il delitto di “Hochverrat gegen den Bund” (“alto tradimento contro lo Stato federale”) – punito dal § 81 StGB con l’ergastolo o con una pena detentiva non inferiore a 10 anni – richiede infatti che si sia concretamente perseguita la separazione di una parte del territorio nazionale “con violenza o tramite minaccia di violenza” (“mit Gewalt oder durch Drohung mit Gewalt”). L’OLG Schleswig-Holstein richiama correttamente la giurisprudenza del Bundesgerichtshof tedesco, che richiede per l’applicazione in concreto di una così grave fattispecie incriminatrice – ed anche della molto più lieve ipotesi della “violenza contro un organo costituzionale” (“Nötigung eines Verfassungsorgans“: § 105 comma 1 StGB) – che la violenza impiegata o minacciata dai rivoltosi abbia concretamente annullato la libertà di decisione nel caso specifico dell’organo costituzionale destinatario della violenza. Un’ipotesi che – come correttamente rileva l’OLG Schleswig-Holstein – mai si è concretamente verificata durante il processo indipendentista dei mesi scorsi, né nei confronti del Parlamento catalano, né nei confronti delle Cortes spagnole.

Ma a ben vedere anche sulla base del diritto spagnolo – che l’OLG Schleswig-Holstein non prende in considerazione, in quanto una simile analisi non rientrava nelle sue competenze – l’imputazione formulata dal Tribunal Supremo spagnolo risulta del tutto inverosimile. Il delitto di “rebelión[1] (art. 472 e 473 CP) punisce infatti con una pena elevatissima (reclusione da 25 a 30 anni, poiché il Tribunal Supremo contesta a Puigdemont e agli altri imputati l’aggravante di aver “distratto i fondi pubblici dalla loro legittima destinazione”) “los que se alzaren violenta y públicamente para cualquiera de los fines siguientes” (“coloro che si sollevino violentemente e pubblicamente per qualsiasi delle seguenti finalità”), fra le quali finalità viene prevista espressamente “declarar la indepedencia de una parte del territorio nacional” (art. 472 n. 5° CP esp.).

L’unico elemento di questo gravissimo delitto che possa ragionevolmente ritenersi integrato dal processo indipendentista catalano è l’evento, ossia la dichiarazione unilaterale di indipendenza del 27 ottobre 2017, in esecuzione del risultato del referendum dell’1 ottobre (dichiarato preventivamente illegittimo dal Tribunal constitucional). È indiscutibile dunque l’esistenza della finalità tipica del delitto di “rebelión” a carico di Puigdemont e degli altri imputati, ma è altrettanto evidente l’assoluta inesistenza della condotta materiale tipica di tale grave delitto e soprattutto di un qualsivoglia nesso di causalità fra la condotta e l’evento che rappresentava l’obiettivo di tale illecita finalità.
L’art. 472 descrive la condotta tipica come il fatto di “alzarse violenta y públicamente” per conseguire una delle finalità penalmente rilevanti della “rebelión” (quale appunto la separazione della Catalunya dallo Stato spagnolo). In realtà chiunque sia stato in Catalunya nei mesi scorsi ha potuto rilevare il carattere assolutamente pacifico del processo indipendentista: l’unica violenza è stata quella delle ripetute cariche di polizia dell’1 ottobre per tentare di impedire l’esercizio del voto in quello che il Governo spagnolo ed il Tribunal constitucional avevano definito come un referendum illegale e incostituzionale.

Ma quand’anche si fossero verificate delle manifestazioni pubbliche di violenza nelle settimane e nei mesi antecedenti al referendum e alla successiva dichiarazione unilaterale di indipendenza, e quand’anche si potesse dimostrare la riconducibilità degli atti di violenza alle decisioni assunte dall’ex Presidente della Generalitat e dalla cupola dei partiti e movimenti indipendentisti – come tenta di dimostrare il provvedimento del Tribunal Supremo spagnolo – ciò che comunque sarebbe inesistente ed indimostrabile sarebbe il nesso di causalità fra gli atti di violenza (condotta tipica del delitto di “rebelión”) e l’evento rappresentato dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza della Catalogna. Quest’ultima infatti è derivata da un voto espresso dalla maggioranza del Parlamento catalano il 27 ottobre 2017 in esecuzione del risultato del referendum dell’1 ottobre e la maggioranza in questione era esattamente quella corrispondente ai seggi conseguiti dai partiti indipendentisti alle ultime elezioni catalane. I partiti indipendentisti (Junts x sì e CUP) avevano espressamente dichiarato già in campagna elettorale l’intendimento di giungere a promuovere un referendum sull’indipendenza, nonostante la ferma e reiterata opposizione del Governo spagnolo e le prese di posizione in senso contrario del Tribunal constitucional. Il voto del Parlamento catalano del 27 ottobre 2017 è null’altro che la naturale e fedele conseguenza delle elezioni catalane del 27 settembre 2015, per nulla influenzato dalle ipotetiche manifestazioni di violenza che il Tribunal Supremo spagnolo imputa all’azione politica dell’allora Presidente della Generalitat e degli altri leader indipendentisti.

In conclusione, dunque, del delitto di “rebelión” previsto dal Codigo penal spagnolo può essere contestata a Puigdemont e agli altri imputati solo ed esclusivamente la finalità – dichiarata pubblicamente, perseguita con coerenza ed infine conseguita, sia pure in termini assolutamente effimeri e più simbolici che reali – di separare la Catalogna dallo Stato spagnolo. Troppo poco, evidentemente, per ritenere integrati gli elementi costitutivi di un gravissimo delitto che il legislatore spagnolo aveva pensato e descritto con riferimento a vicende di tutt’altra natura, come un tentativo di colpo di stato, un’insurrezione armata, un sollevamento di gruppi militari o paramilitari[2], ecc.

È vero che il delitto di “rebelión” è stato costruito dal legislatore spagnolo come una fattispecie a dolo specifico, che non richiede la realizzazione materiale della finalità secessionista; ma è altrettanto evidente che – se non si vuole cadere nella deriva di un “Gesinnungsstrafrecht” di matrice chiaramente autoritaria – la consumazione di un reato di tale gravità non può non presupporre una condotta violenta non solo soggettivamente indirizzata, ma anche oggettivamente idonea, a realizzare la predetta finalità secessionista.

Mutatis mutandis, sarebbe come se i consigli regionali di Lombardia e Veneto, anziché assumere alcuni mesi or solo la legittima iniziativa di un referendum popolare per promuovere una maggiore autonomia delle rispettive Regioni, avessero voluto organizzare un referendum per la secessione dallo Stato italiano: la reazione delle autorità governative statali sarebbe stata verosimilmente quella di promuovere un conflitto di attribuzioni fra i poteri dello Stato davanti alla Corte costituzionale; ma certo a nessun ufficio di procura sarebbe venuto in mente di promuovere un’azione penale per “attentato contro organi costituzionali o contro le assemblee regionali” ex art. 289 c.p. o addirittura un’“insurrezione armata contro i poteri dello Stato” ex art. 284 c.p. Ciò che è avvenuto in Spagna, viceversa, è stata una repentina criminalizzazione del conflitto politico-territoriale catalano attraverso un uso assai discutibile e spregiudicato dello strumento penale.

L’evidente forzatura interpretativa della ricostruzione operata dal Tribunal Supremo spagnolo è verosimilmente alla base di ciò che l’OLG dello Schleswig Holstein non scrive nella propria decisione, ma sembra implicitamente ritenere: il venir meno nella vicenda in esame del principio della fiducia reciproca fra gli ordinamenti che è alla base della Decisione quadro sul mandato d’arresto europeo e di tutto il sistema della cooperazione giudiziaria europea e la convinzione (anch’essa implicita) che in Spagna non vi sarebbero oggi le condizioni per un giusto processo (“fair trial”) nei confronti di Puigdemont per il delitto di “rebelión”. Una convinzione implicita che trova conferma nel fatto che da molti mesi numerosi esponenti del decaduto Governo catalano ed altri leader indipendentisti si trovino in custodia preventiva per la medesima contestazione del delitto di “rebelión”.
 
3. Quanto infine al secondo punto della decisione dell’Oberlandsgericht dello Schleswig Holstein, suscita perplessità l’affermazione – sostenuta nella richiesta di mandato d’arresto europeo avanzata dal Tribunal Supremo spagnolo e ripresa in termini adesivi dalla decisione dell’OLG – secondo la quale il delitto di peculato (“malversación de caudales públicos”, “Veruntreuung öffentlicher Gelder”), contestato dal Giudice istruttore del Tribunal Supremo a Puigdemont e ad altri esponenti del decaduto Governo catalano, sarebbe riconducibile alla fattispecie della corruzione presente nel catalogo dei reati presupposto del mandato d’arresto europeo.

Non vale infatti sostenere che la Convenzione ONU sulla corruzione del 2003 ed altre iniziative internazionali intendono la corruzione in senso ampio ed atecnico, come comprensiva anche di altre figure di reato del settore pubblico, come appunto la “malversación de caudales públicos”. Un conto infatti è una convenzione internazionale che – nel generico intento politico di contrastare fenomeni di corruzione intesa nel senso più ampio del termine (in senso sociologico più che giuridico-penale) – chieda ai legislatori nazionali di incriminare anche altre ipotesi di reato diverse dalla specifica fattispecie della corruzione; cosa completamente diversa invece è una Decisione quadro che – comportando l’adozione di misure restrittive della libertà personale nella forma del mandato d’arresto europeo – va interpretata in senso tecnico e restrittivo in ordine al “campo d’applicazione del mandato d’arresto europeo” di cui all’art. 2 della Decisione quadro.

In ogni caso gli strumenti della cooperazione giudiziaria internazionale avrebbero comunque potuto essere utilmente attivati in forma di richiesta di estradizione, poiché sussiste senz’altro, nell’ipotesi in esame, il requisito della doppia incriminazione: la “malversación de caudales públicos” di cui agli art. 432 e 252 CP esp. – sostanzialmente equivalente alla fattispecie di peculato ex art. 314 c.p. it. – trova infatti corrispondenza nella più generale fattispecie di “Untreue” o “infedeltà patrimoniale” (§ 266 StGB), suscettibile di trovare applicazione anche nel settore pubblico in presenza di condotte di “Veruntreuung öffentlicher Gelder” (“gestione infedele di fondi pubblici”).

La richiesta del Tribunal Supremo spagnolo non trova tuttavia accoglimento – come già segnalato all’inizio di questo commento – per la carente descrizione, da parte dell’autorità richiedente, delle circostanze di fatto sulla base delle quali si sosterrebbe la responsabilità dell’imputato da estradare[3]. Un ulteriore ed evidente sintomo di quella implicita carenza di fiducia – da parte dell’autorità giudiziaria a cui è rivolta la richiesta di estradizione – circa la fondatezza dell’impianto accusatorio costruito dal Giudice istruttore del Tribunal Supremo spagnolo contro i leader del processo indipendentista.
 
4. In conclusione: dopo questa decisione interlocutoria – alla quale ha fatto seguito una rinnovata richiesta delle autorità giudiziarie spagnole, che insistono con fermezza nella pretesa di sottoporre a processo l’ex Presidente della Generalitat Carles Puigdemont – siamo in attesa della decisione definitiva dell’OLG dello Schleswig Holstein. Qualunque sarà la decisione definitiva, essa segnerà comunque una pietra miliare – in un senso o nell’altro – nella storia del mandato d’arresto europeo e della cooperazione giudiziaria europea.
 
5. Nelle more della conclusione di questo breve commento è sopraggiunta finalmente la decisione definitiva dell’OLG Schleswig-Holstein del 12 luglio 2018, che sostanzialmente conferma la decisione precedente, negando l’estradizione per il delitto di “rebelión” ed ammettendola invece per la “malversación de caudales públicos”. Una settimana più tardi – il 19 luglio – il Giudice istruttore del Tribunal Supremo Pablo Llarena ha deciso, con suo autonomo provvedimento, di rifiutare l’estradizione “dimezzata” [4] e di ritirare tutte le richieste di estradizione e di ordine d’arresto europeo nel frattempo indirizzate in Belgio, Scozia e Svizzera contro altri politici indipendentisti di primo piano rifugiatisi all’estero per sfuggire all’arresto in Spagna.

Sembra dunque chiudersi definitivamente – con un passo indietro dell’autorità giudiziaria spagnola (a malincuore e non senza considerazioni polemiche nei confronti della pronuncia della magistratura tedesca) – la partita europea e internazionale per la soluzione penale della questione independentista catalana[5] e la palla ritorna nuovamente nel campo della politica: una politica che – con nuovi attori protagonisti (tanto a Barcellona – con la Presidenza della Generalitat di Quim Torra – quanto a Madrid, dopo la caduta a sorpresa del governo di Mariano Rajoy e l’arrivo alla Moncloa di Pedro Sanchez) – tenta di riprendere – con estrema prudenza da ambo le parti, ma con qualche nuova timida speranza – la difficile via del dialogo e della ricerca di una soluzione politica condivisa alla crisi costituzionale aperta dalla domanda di indipendenza di una parte (sia pur lievemente) maggioritaria della società civile e politica catalana.
 
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[1] Sul quale v. per tutti in dottrina il recentissimo contributo di M. Cugat Mauri, La violencia como elemento del delito de rebelión, in Liber Amicorum. Estudios Juridicos en Homenaje al Prof. Dr. Dr.h.c. Juan M. Terradillos Basoco, Valencia, Tirant Lo Blanch, 2018, p. 567-582.
[2] Esempio paradigmatico fu il tentativo di colpo di stato militare che ebbe luogo il 23 febbraio 1981, nel quale una parte dell’esercito spagnolo comandato dal tenente colonnello Tejero fece irruzione nel Parlamento durante il voto di fiducia al Primo Ministro Adolfo Suarez, prendendo in ostaggio parlamentari e governo, mentre altri gruppi militari invadevano alcune strade di Valencia con carrarmati e soldati ed intendevano inviare una divisione di carristi a Madrid per occupare la capitale.
[3] Di fronte per di più a dichiarazioni pubbliche della stessa autorità governativa spagnola (l’ex Ministro delle Finanze Montoro) che a suo tempo aveva riconosciuto che per la realizzazione del referendum indipendentista catalano non erano stati impiegati fondi ricavati dal bilancio pubblico. 
[4] Probabilmente si è tenuto in conto in questa decisione il rischio che per il solo delitto di “malversación de caudales públicos” difficilmente sarebbe stato sostenibile un lungo protrarsi della custodia cautelare in carcere di Puigdemont, e che una volta liberato questi avrebbe potuto esercitare senza limiti il proprio mandato di parlamentare catalano e finanche essere nuovamente eletto come Presidente della Generalitat.
[5] V. ad es.: Llarena da por perdida la batalla europea de la rebelión, in La Vanguardia, ed. online, 19 luglio 2018. 




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EU BON General Meeting 2015: working toward building the European Biodiversity Observation Network

The annual EU BON General Meeting was successfully held from 1 to 4 June 2015 at the Clare College Conferencing, Cambridge, United Kingdom. 

The meeting was attended by a total of 85 participants with various organizational background and relation to EU BON. Among these were almost all EU BON alongside representatives of eight associate partners and many guests.

 

Participants at the EU BON General Meeting, 2015; Credit:  Dirk Schmeller

One of the highlights of the meeting was its very start with three inspiring keynote speakers. 

Among these, Bill Sutherland from the University of Cambridge started off to give an interesting speech about the progress and future plans on combining Biodiversity science and policy. Second was Gary Geller from the GEO secretariat who talked about GEO, GEOSS and GEO BON, its vision and goals. 
Later on, Johannes Peterseil from LTER-Europe shared some interesting thoughts about linking ecosystem research and earth observation through the cooperation between LTER-Europe and EU BON. 

During the meeting other relevant projects were also introduced to all participants. These were DataOne and Species 2000/Catalogue of Life and two new EU projects Ecopotential and Globis-B. 

The General Meeting included six thematic sessions on highly relevant EU BON topics, followed by many cross-task modules which led to better cooperation and communication between work packages and tasks. The exchange of experience gave new input to all work packages and set the milestones for the work ahead. 

Presentations from the meeting will be uploaded shortly.

 

PRESENTATIONS:

AGENDA - EU BON 3rd General Assembly

Keynote speakers: 

W.Sutherland - Biodiversity science and policy

G.Geller - GEO / GEOSS / GEOBON

J.Peterseil - Linking ecosystem research and earth observation

Other projects:

B.Wilson - DataONE

C.Flann - Species 2000 Catalogue of Life

C.Marangi - Ecopotential

W.Los - Globis-B

EU BON presentations:

C.Haeuser - EU BON core elements for an integrated biodiversity information system

U.Koljalg - Data mobilization strategy and show case

H.Saarenmaa - European biodiversity portal

Y.Gavish - Developing EU BON's site-specific portal

E.Regan - Stakeholder requirements

I.Geijzendorffer - Context of EU BON

 

Selection of pictures from the meeting:

 

  

 

 





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2016 GEO BON Open Science Conference: Biodiversity and ecosystem Services Monitoring for the 2020 Targets and beyond. Building on observations for user needs

The 2016 GEO BON Open Science Conference: "Biodiversity and ecosystem Services Monitoring for the 2020 Targets and beyond. Building on observations for user needs" will take place from 4 to 9 July 2016 in Leipzig, Germany. 

Biodiversity Science is facing enormous challenges as the pressures upon the earth’s biotic systems are rapidly intensifying and we are unlikely to reach the CBD 2020 Aichi Targets. But how far or close are we to reach the targets? The GEO BON Open Science Conference on "Biodiversity and Ecosystem Services Monitoring for the 2020 Targets and beyond" will assess this question. The conference is open to the wide scientific public and is sponsored and co-organized by iDiv, UFZ, SASCAL (others to come).

For more information please visit: http://conf2016.geobon.org





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How to argue for biodiversity conservation: 2 guides

Recommendations from the FP7-funded EU project BESAFE

Biodiversity decline is a fact, but how can society be convinced of the benefits of biodiversity for human well being and of the necessity of further protective action? The FP7 funded EU project Biodiversity and Ecosystem Services: Arguments for our Future Environment (BESAFE) addressed this challenge to produce guidance that can help improve the way we use arguments for conservation and convincingly demonstrate the value of biodiversity to decision-makers.


Credit: Rob Bugter

Two key outputs of the project are the final brochure "How to Argue for Biodiversity Conservation More Effectively: Recommendations from the BESAFE project", including key conclusions from project publications and case studies, and an interactive online tool, which can lead stakeholders to the relevant information in a few mouse clicks.

Key recommendations of BESAFE featured in these resources are:

  • The success of a more integrated approach depends on stakeholder engagement. A top-down policy framework that sets goals for the protection of particular sites and species is important, but it is not enough to prevent biodiversity loss. - -- An integrated approach, seeking to 'mainstream' biodiversity concerns across all policy sectors (e.g. agriculture, forestry, water, energy, transport and urban planning) is needed.
  • Promote bottom-up initiatives at the local level. All stakeholders need to be actively involved in the decision-making process, which should facilitate building trust and working towards generally agreed and accepted solutions.
  • Tailor arguments to the audience. Arguments need to be framed to fit the values and goals of the audience, embracing the plurality of values attached to nature, and using appropriate language. For example, over-emphasising economic arguments could alienate people who are motivated mainly by ethical and moral concerns.
  • Use positive arguments. Positive framing of arguments to emphasise benefits is often more powerful than negative framing that focuses on threats and losses. The concept of ecosystem services is useful for emphasising positive benefits, provided that it is properly explained to stakeholders.
  • Use a wider range of arguments. Arguments based on the economic value of nature for humans dominate European and national policy-making, and are often seen as central to gaining high-level policy-maker support, but our results show that many decision-makers and other stakeholders also use and respond positively to ethical and moral arguments.

"We aimed to provide the essence of 4 years worth of research in an easy to read and reuse form, to maximise the potential of using the right arguments for conservation at the right time in order to successfully demonstrate the value of biodiversity to decision-makers," comments Rob Bugter, co-ordinator of the BESAFE project.

Try out the resources below:

Bugter R., Smith A.C. and the BESAFE consortium. 2015. How to argue for biodiversity conservation more effectively. Recommendations from the BESAFE project. Pensoft Publishers, Sofia, 26 pp. Available at: http://www.besafe-project.net/img/uplf/BESAFE_brochure_online_18.pdf

BESAFE web tool available at: http://tool.besafe-project.net/





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Latest in our RIO Collection: Guidelines for scholarly publishing of biodiversity data from Pensoft and EU BON

While development and implementation of data publishing and sharing practices and tools have long been among the core activities of the academic publisher Pensoft, it is well-understood that as part of scholarly publishing, open data practices are also currently in transition, and hence, require a lot of collaborative and consistent efforts to establish.

Based on Pensoft's experience, and elaborated and updated during the Framework Program 7 EU BON project, a new paper published in the EU BON dedicated collection in the open science journal Research Ideas and Outcomes (RIO), outlines policies and guidelines for scholarly publishing of biodiversity and biodiversity-related data. Newly accumulated knowledge from large-scale international efforts, such as FORCE11 (Future of Research Communication and e-Scholarship), CODATA (The Committee on Data for Science and Technology), RDA (Research Data Alliance) and others, is also included in the Guidelines.

The present paper discusses some general concepts, including a definition of datasets, incentives to publish data and licences for data publishing. Furthermore, it defines and compares several routes for data publishing, namely: providing supplementary files to research articles; uploading them on specialised open data repositories, where they are linked to the research article; publishing standalone data papers; or making use of integrated narrative and data publishing through online import/download of data into/from manuscripts, such as the workflow provided by the Biodiversity Data Journal. Among the guidelines, there are also comprehensive instructions on preparation and peer review of data intended for publication.

Although currently available for journals using the developed by Pensoft journal publishing platform ARPHA, these strategies and guidelines could be of use for anyone interested in biodiversity data publishing.

Apart from paving the way for a whole new approach in data publishing, the present paper is also a fine example of science done in the open, having been published along with its two pre-submission public peer reviews. The reviews by Drs. Robert Mesibov and Florian Wetzel are both citable via their own Digital Object Identifiers (DOIs).

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Original source:

Penev L, Mietchen D, Chavan V, Hagedorn G, Smith V, Shotton D, Ó Tuama É, Senderov V, Georgiev T, Stoev P, Groom Q, Remsen D, Edmunds S (2017) Strategies and guidelines for scholarly publishing of biodiversity data. Research Ideas and Outcomes 3: e12431. https://doi.org/10.3897/rio.3.e12431





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First EU BON Stakeholder Round Table - Requirements for Policy

In order that EU BON meets the demands of the main political stakeholders in the EU, in this round table an overview of the project will be given and first results will be shown summarized in the first show case which is dealing with datasets in relation to political targets and indicators. In addition, the idea how the science–policy/management interface can function for example via the planned European Biodiversity Portal will be presented and the requirements for policy (political administration) discussed.
 
Results of this first stakeholder round table will be documented and passed back to the project in order to increase its relevance.




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Building Biodiversity Workflows with Taverna (Manchester, UK)

The course is a two-day hands-on training event. The course will accommodate 10-15 researchers. The program consists of introductory lectures, practical computer work, and discussions. Researchers will be contacted upon admission in order to consider their own research objectives for the course. more ...





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Jack’s Abby acquires Night Shift Brewing, making it the largest craft brewer in Mass.

“This expansion is not just about growth; it’s about building a stronger foundation for our teams and brands to thrive.”

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Pastrnak’s goal completes rally as Bruins come back to stun Blues 3-2

ST. LOUIS (AP) — David Pastrnak scored with 1:47 to play as the Boston Bruins scored three third-period goals to come back for a 3-2 win over the St. Louis Blues on Tuesday night. Pastrnak’s shot from the left circle trickled through Jordan Binnington’s pads and slid just over the goal line. Morgan Geekie and […]

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Streamlining European biodiversity indicators 2020: Building a future on lessons learnt from the SEBI 2010 process




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D2.1 Architectural design, review and guidelines for using standards M14





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Reconciling expert judgement and habitat suitability models as tools for guiding sampling of threatened species




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Guidelines for Standardised Global Butterfly Monitoring




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1st EU BON Stakeholder Roundtable (Brussels, Belgium): Biodiversity and Requirements for Policy. EU BON Workshop Report




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EMODnet Workshop on mechanisms and guidelines to mobilise historical data into biogeographic databases




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D5.2 Recommendations and strategies for building and sustaining a network of EU BON sites




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Strategies and guidelines for scholarly publishing of biodiversity data




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A suite of essential biodiversity эariables for detecting critical biodiversity change




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Building capacity in biodiversity monitoring at the global scale








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As both a full-time employee and a primary caregiver to one of my family members, I am worried about potentially exposing my family to COVID. Is there anything I can do? Elaine Varelas guides

Being a primary caregiver while working full time is a challenge in itself and even more so during the pandemic. Elaine Varelas guides on how to best keep your family members safe while maintaining your work responsibilities.

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